La famiglia e i disturbi alimentari

La famiglia e i disturbi alimentari

Gli scorsi mesi abbiamo introdotto i disturbi alimentari (che puoi trovare nel nostro blog) definendoli nella loro accezione più teorica e concentrandoci su due aspetti che meritano di essere riassunti qui, come il ruolo della famiglia e del rapporto madre-figlia nei disturbi alimentari, per facilitarti nel proseguimento della lettura.

Abbiamo definito il disturbo da dismorfismo corporeo per indicare alti livelli di preoccupazione manifestati attraverso pensieri, sentimenti e valutazioni relativi all’immagine corporea e riguardanti difetti non visibili o che appaiono minimi agli occhi degli altri, definizione che, a parer mio, sposa perfettamente il tema del giudizio e dell’esporsi affrontato lo scorso mese.

Il modello dell’influenza tripartita di Thompson

Come è bene ribadire, l’insoddisfazione corporea risulta essere uno dei fenomeni più frequenti nella popolazione adolescenziale e appare strettamente connessa all’internalizzazione degli standard di bellezza diffusi all’interno della società odierna.

Nel tentativo di evidenziare i principali fattori di rischio alla base di questo fenomeno, Thompson (1999) ha definito il modello dell’influenza tripartita costituito dalle tre principali sorgenti di influenza che si presume abbiano un ruolo sullo sviluppo dei disturbi relati all’immagine corporea; questi sono i mass media, il gruppo dei pari e la famiglia.

Il ruolo della famiglia

Come ricorderai, la presenza di soggetti con disturbi del comportamento alimentare è in esponenziale e preoccupante aumento considerando anche che l’età di esordio è collocabile nell’adolescenza, recentemente anche in una fascia di età precoce a partire dagli 11-12 anni.

famiglia, il ruolo della famiglia nei disturbi alimentari

Questi dati hanno fatto sì che molti studiosi ricercassero, più approfonditamente, le possibili cause scatenanti concentrandosi anche sul ruolo della famiglia; come sostenuto da Bowlby all’interno della Teoria dell’attaccamento, la qualità del legame che si instaura tra il bambino e almeno un caregiver primario contribuisce allo sviluppo salutare del bambino stesso; egli definisce i genitori come base sicura attribuendo loro il ruolo di (pre)occuparsi dello sviluppo bio-psico-sociale dei figli fungendo da porto sicuro ossia fornendo loro sicurezza, protezione e contenimento, in contemporanea, lasciando loro libero spazio alla crescita, all’esplorazione e alla sperimentazione del mondo circostante. Inoltre, è stato appurato che la figura materna riveste un ruolo rilevante nella crescita dei figli e, anche per quanto riguarda la sfera alimentare, essa funge da modello nella trasmissione di valori e credenze legati all’autostima verso il corpo, i comportamenti alimentari e alla forma e peso corporei specialmente per le figlie femmine (Benninghoven et al, 2007; Carbonneau et al., 2020). 

Le ricerche sostengono che l’influenza delle figure genitoriali non sia limitata al periodo dell’infanzia ma si protragga, per l’appunto,  anche in adolescenza e fino ai primi anni dell’età adulta; la relazione genitore-figlio è la forma principale di influenza per lo sviluppo e ricopre un ruolo fondamentale nel determinare, tra le molte cose, la visione della propria immagine corporea in quanto, i bambini, già a partire dall’età prescolare, imparano a percepire il loro corpo e quello dei pari (Liechty et al., 2016). 

La famiglia è, infatti, il primo agente sociale di influenza per i bambini essendo il primo contesto all’interno del quale l’individuo viene inserito, fin dalla nascita, ed è proprio in essa che si instaurano i primi legami affettivi ed emotivi e in cui si pongono le basi per lo sviluppo. 

Tra le molteplici cariche ricoperte dalle figure di riferimento, è bene sottolineare che essi risultano essere i principali responsabili della creazione dell’ambiente domestico inteso, in questa sede, come primo contesto in cui i bambini entrano in contatto con il tema dell’alimentazione; è quindi corretto affermare che i fattori di rischio legati alle abitudini alimentari mostrano le loro radici all’interno del nucleo familiare.

Infatti, come accennato poche righe sopra, le abitudini alimentari si sviluppano e giungono al consolidamento a partire dalla prima infanzia e dipendono dalle modalità con cui i genitori hanno esposto i figli al cibo e dalle idee e credenze che le figure genitoriali sostengono in relazione al tema. 

In particolare, i primi due anni di vita rappresentano una finestra temporale essenziale nel processo di crescita del bambino per quanto riguarda la costruzione di un legame di sintonizzazione e coinvolgimento della diade; gli scambi interattivi che si osservano durante i pasti, ma non solo, predicono lo sviluppo della socializzazione, delle abilità cognitive come l’attenzione condivisa e delle abilità comunicative anche al di fuori della diade stessa (Fadda et al., 2017).

Essere genitori responsivi significa avere la capacità di comprendere le richieste e i bisogni del bambino rispondendovi in modo adeguato; infatti, alti livelli di sintonizzazione, vicinanza e interazione sperimentati all’interno del legame genitore-figlio, sia esso tra madre-figlio o tra padre-figlio, costituiscono esperienze positive che sostengono la crescita del bambino in quanto associate ad un elevato grado di benessere, all’accettazione di sé e ad una buona capacità di regolazione emotiva (Gois et al., 2018; Lenne et al., 2019).

Il legame MADRE-FIGLIA nei DCA

Quello che è certo fino a qui è che le figure genitoriali ricoprono un ruolo molto importante sulla prevenzione dell’insoddisfazione corporea nei loro figli; infatti, le prese in giro relative al peso e al corpo che avvengono all’interno del nucleo familiare predicono una visione negativa della propria immagine corporea in adolescenza. 

rapporto madre figlia nei disturbi alimentari

In particolar modo, concentrandoci sulla figura materna, molte ricerche hanno osservato che le madri possono esercitare la loro diretta influenza incoraggiando alla perdita di peso, ma anche utilizzando commenti negativi e spesso all’apparenza autoironici fatti in presenza di altri (es: sembro così grassa con questi jeans) (Webb et al., 2018) e focalizzati sul proprio corpo (Rogers et al., 2019) che prendono il nome di fat talk; indirettamente invece, questo avviene attraverso un approccio negativo che le stesse madri hanno verso il proprio corpo e che, inevitabilmente, viene trasmesso alle figlie.

Inoltre, è stato osservato che messaggi negativi centrati su temi quali la dieta, l’immagine corporea e il peso correlano con insoddisfazione corporea e fissazione con l’esercizio fisico e che, invece, messaggi veicolati da entrambi i genitori rispetto alla ricerca della perfezione fisica possono contribuire all’insorgenza di disturbi alimentari (Rubinsky et al., 2018).

In letteratura queste affermazioni vengono chiamate messaggi memorabili ossia messaggi che le persone ricordano per un lungo periodo di tempo e percepiscono avere una forte influenza nella loro vita oltre che avere un effetto sul modo in cui vorrebbero esteticamente apparire e sulla stima in sé (Rubinsky et al., 2018). 

La continua esposizione ai lamenti da parte dei membri della famiglia rispetto al modo in cui appaiono fisicamente compromette un approccio alimentare sereno e consapevole minato anche dalla possibile presenza di un eccessivo controllo che i genitori esercitano sull’alimentazione dei figli (Damiano et al., 2016).

Infatti, un costante e pressante monitoraggio può condurre a due importanti conseguenze in cui al cibo vengono attribuiti significati e ruoli scorretti come quello che riguarda l’alimentazione strumentale ossia una pratica alimentare in cui il cibo è utilizzato come premio in seguito all’attuazione, per esempio, di determinati comportamenti mentre, si definisce, alimentazione emotiva l’uso del cibo come strumento calmante e consolatorio.

…Nei prossimi articoli affronteremo più nel dettaglio questi argomenti, se vuoi approfondire ancora vai al nostro blog dove trovarai gli articoli delle nostre esperte dell’alimentazione sana.

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